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Omeopatia e Flebologia

Dottor Paolo Mosconi

Centro Medico Omeopatico
Rimini


1987


Omeopatia e Flebologia


Comunicazione al Congresso della Società Italiana di Chirurgia
Ferrara.


Omeopatia è un termine, che deriva dall’unione di due lemmi greci (omoios = simile e pathos = malattia), coniato dal Medico Tedesco Dottor. S. F. C. Hahnemann (Meissen 1755, Parigi 1843), che designa la Disciplina Medica di cui Egli stesso fu fondatore.
Il termine denuncia la differenza metodologica rispetto all’Allopatia (allos = contrario e pathos = malattia).
Cardini del Sistema Medico Omeopatico sono:
1) Legge di Similitudine.
Una qualsiasi sostanza somministrata ad un uomo sano, sensibile, è in grado di produrre sintomi che quella stessa sostanza opportunamente diluita e dinamizzata (vale a dire resa Omeopatica) è in grado di guarire nell’ammalato.
2) Legge di guarigione.
I sintomi delle sindromi morbose di qualunque natura od origine guariscono, cioè scompaiono, con una direzione centrifuga (prima guarisce il centro poi la periferia) (S. F. C. Hahnemann) e dall’alto verso il basso, nell’ordine inverso alla loro comparsa (C. Hering).
3) Individualizzazione del malato.
Lasciamo parlare lo stesso Hahnemann: “Quando si cerca uno specifico rimedio omeopatico, cioè si confronta l’insieme dei sintomi della malattia con quelli provocati da certe sostanze, per trovare quella che produce un effetto patologico artificiale simile a quello naturale di cui ci si propone la guarigione, bisogna essenzialmente rifarsi ai sintomi sporadici, particolari e caratteristici; perché a questi devono corrispondere sintomi simili a quelli provocati artificialmente dalla medicina sperimentata, affinché quest’ultima rappresenti l’auspicato rimedio atto alla guarigione.
I sintomi generali e banali, invece, come la mancanza d’appetito, il male di testa, la debolezza, il sonno agitato, il malessere, etc. non meritano particolare attenzione, perché quasi tutte le malattie e le sostanze sottoposte a sperimentazione provocano effetti analoghi.
Ne viene, di conseguenza, che ogni forma clinica si presenta anche sotto la forma terapeutica con riferimento alla Materia Medica”.
4) Individualizzazione del rimedio.
“I sintomi e le modalità che li accompagnano sono l’espressione della malattia, del pari i sintomi indotti dalla sostanza sperimentata sono l’espressione dell’effetto patogenetico della sostanza stessa. Più la contro immagine, formata con la serie di sintomi del medicamento che sembrerà meritare la preferenza, conterrà somiglianze coi sintomi straordinari, definiti e caratteristici della malattia naturale, più la rassomiglianza sarà grande da una parte e dall’altra e più anche il rimedio sarà conveniente, omeopatico e specifico nella circostanza” (Hahnemann).
5) Esperimento sull’uomo sano (Proving).
Le sostanze, che saranno usate come rimedi, sono sperimentate sull’uomo sano (Proving), in questa maniera solamente esse possono chiarire le loro capacità patogenetiche.
Conseguenza di questa sperimentazione, è stata la scoperta del procedimento di diluizione e dinamizzazione (succussione) delle soluzioni dei rimedi che ha permesso di evidenziare una “azione più efficace anche in quelle che prima di essere sottoposte a questo trattamento (diluizione e dinamizzazione, N.d.R.) non esercitavano alcun’influenza medica sul corpo umano”. (Hahnemann).
I sintomi raccolti dall’esperimento sull’uomo sano con le loro modalità sono raccolti nella Materia Medica Omeopatica Pura.
In essa, inoltre, vengono elencati anche quelli derivati dalla sperimentazione clinica (1) ed accidentale (2):
- (1) es.: un rimedio dimostra di guarire costantemente uno o più sintomi non riferiti nel suo proving.
- (2) Es.: avvelenamento.
Da quanto esposto, in questa breve introduzione, è facile comprendere che l’indicazione di un rimedio si configura attraverso l’analisi della globalità dei sintomi presentati da un Paziente togliendo completamente valore al concetto astratto d’entità nosologica (nome della malattia) e valorizzando totalmente quello d’individualità del Malato.
Nessun uomo è identico ad un altro e ciascuno vive la salute e la perdita di essa in una maniera che gli è peculiare.
La concezione unitaria del Malato presuppone necessariamente l’impossibilità di scindere “specialisticamente” le sue manifestazioni morbose.
E’ nel concetto di globalità che si percepiscono e vengono chiariti i rapporti fra i vari organi e fra ognuno di questi ed i distretti periferici ad essi correlati e da essi dipendenti.
L’Omotossicologia secondo il Dottor H. H. Reckeweg ha chiarito i rapporti di vicariazione regressiva (verso l’esterno) e progressiva (verso l’interno) esistenti fra organi interni e superficie corporea, alla quale appartengono anche gli orifici e gli organi cavi collegati all’esterno, cui lo stesso Hahnemann aveva già accennato con chiarezza.
In quest’ottica, è facile comprendere come qualsiasi manifestazione patologica esterna rappresenti un momento emuntore a favore dell’organo interno e come qualsiasi terapia topica o in ogni modo soppressiva della manifestazione esterna (es. vaccinazione) causi una vera e propria metastasi morbosa a carico dell’organo e da questo ad altro od altri organi funzionalmente correlati (ad es.: soppressione d’eczema che provoca asma bronchiale che, a sua volta, provoca insufficienza cardiaca, etc.).
Il ripristino, mediante l’opportuna terapia Omeopatica, della naturale direzione del procedimento di guarigione, nei limiti della regredibilità anatomica delle lesioni, farà ripercorrere la successione morbosa in senso centrifugo regressivo (insufficienza cardiaca, eczema).
In quest’ottica inoltre il dolore o comunque la sindrome morbosa è correttamente interpretata come tentativo d’adattamento reattivo alla condizione di squilibrio e cioè d’allontanamento dalla condizione di salute.
La patologia venosa offre l’opportunità di seguire il progressivo adattamento, svantaggioso, ad un carico tossico che supera il potere emuntore organico quantitativamente e/o qualitativamente.
Le varici emorroidarie sono, di solito, uno dei sintomi iniziali della sindrome di dilatazione venosa di più vasta portata.
Per inciso la relazione con la patologia epatica è comunemente accettata.
Il circolo venoso periferico, in particolare nell’individuo intossicato, si comporta come un bacino di decantazione o meglio una successione di anse a minore velocità di flusso con lo scopo di sedimentare o, quanto meno, rallentare la velocità di circolo del sangue e di conseguenza dei tossici in esso contenuti.
Il paragone può essere quello di un’ansa di un fiume sulle cui sponde si raccolgono detriti per la minore velocità della corrente.
Il progressivo dilatarsi e quindi assottigliarsi delle pareti crea le condizioni favorenti il cedimento meccanico, ma l’emorragia è, al tempo stesso, momento eliminatore diretto di tossine pur in condizioni d’estremo svantaggio adattativo.
Il fenomeno cicatriziale e l’eventuale trombosi rappresentano non soltanto un momento riparatore delle lesioni ma anche il sistema di trattenimento, più periferico possibile, dei tossici nocivi.
Il distacco dell’embolo, sintomo di trombizzazione imperfetta, rende evidente quale profondo squilibrio generale sottende una manifestazione solo apparentemente periferica ed il sangue, con le sue alterazioni, di questo squilibrio rappresenta la vetrina.
La ragade anale stessa è interpretata allora in chiave difensiva così come la fistola, cambiando solamente, considerando il sacrificio di sostanza cui l’organismo si obbliga, la potenzialità nociva delle tossine che sono eliminate.
E’ evidente, in questo modo d’osservazione, il danno provocato dalla soppressione comunque effettuata di queste valvole di scarico senza una preventiva disintossicazione in toto dell’organismo attraverso il ripristino della capacità detossicante degli organi implicati, i quali saranno i primi a subire in acuto od in cronico il danno provocato dal brusco o, rispettivamente, lento carico dei tossici non eliminati.
Una breve parentesi per evidenziare l’identità di comportamento del sistema venoso del collo dell’utero e della sua mucosa.

L’ulcera del collo uterino trova, così, una sua identità eziologia da cui si ricava la tassativa proibizione alla sua cicatrizzazione chimica o chirurgica (causticazione, congelamento) senza una preventiva bonifica degli organi interni correlati; nel caso specifico ovaie ed utero.
La conferma empirica, per ora, si ritrova nella costante precedenza di comparsa dell’ulcera del collo o di una patologia della mucosa del collo rispetto ad affezioni organiche delle ovaie e dell’utero (cisti e fibromi) fino alla degenerazione neoplastica tentativo estremo d’accantonamento tossinico di un organismo cronicamente e gravemente impedito nella sua possibilità, capacità d’allontanamento all’esterno.
L’ipercheratosi può essere inquadrata in questo meccanismo, qualitativamente diverso in rapporto alla qualità delle tossine, che invece di essere allontanate, solubili in veicolo liquido, sono inglobate nel corpo cellulare destinato all’allontanamento per desquamazione.
Corollario di questo è l’opportunismo del batterio che prospera provocando fenomeni infettivi su un terreno che, per un’alterazione organica o funzionale globale, ha perso la sua capacità difensiva manifestando quindi questa debolezza, precocemente, nel suo locus minoris resistentiae: l’organo più debole che cerca di liberarsi all’esterno in condizioni di squilibrio.
Lo stesso ragionamento fatto per i plessi emorroidari può essere applicato, ad intossicazione progressivamente ingravescente, a tutto l’albero venoso periferico di cui l’ulcera varicosa rappresenta l’estrema ratio locale difensiva.
Esempio chiarificante è, a questo proposito, la comparsa del caput medusae periombelicale nelle fasi avanzate dell’insufficienza epatica grave o delle varici esofagee nella cirrosi.
Chiaramente, anche in questo caso, è tassativo l’obbligo di bonificare l’organismo, intossicato in toto, prima ed anzi invece di procedere alla terapia locale (chiusura dell’ulcera, terapia trombizzante delle collaterali, plastica occlusiva delle ulcere) al di fuori naturalmente delle condizioni d’urgenza chirurgica.
Il sollievo, incostantemente prodotto dalle terapie locali, assume un aspetto preoccupante rispetto all’aggravamento che produce a breve o a lungo termine sulle condizioni operative dell’organo o degli organi primitivamente, funzionalmente od organicamente, ammalati.
E’ opportuno sottolineare che la manifestazione varicosa precede di molto tempo il disturbo organico anatomico e che l’organo, finché il compenso periferico è sufficiente, si mantiene indefinitamente in una situazione di squilibrio funzionale spessissimo difficilmente documentabile anche con i più accurati accertamenti di laboratorio.
Il dato di laboratorio è pur sempre un fenomeno patologico organico ad una fase, più o meno rapidamente, successiva alla patologia funzionale.
L’eliminazione intempestiva e sconsiderata del compenso periferico porta al danno organico o comunque ad una metastatizzazione morbosa progressiva.
La prescrizione Omeopatica, proprio per la sua necessità di corrispondere alla globalità dei sintomi presentati dal Paziente e non solo a quelli locali e periferici, sempre solo apparentemente di primaria importanza qualunque ne sia la gravità, ottempera alla necessità improrogabile di effettuare una terapia realmente eziologica dell’affezione, l’insufficienza venosa in questo caso.
E’ dalla totalità dei sintomi, dalla loro analisi e dalla loro gerarchizzazione che si può risalire all’organo/i effettivamente responsabile/i dello squilibrio e quindi della manifestazione patologica periferica.
Curando l’organo e ripristinando il suo equilibrio funzionale è possibile fare, attraverso esso, regredire la manifestazione periferica.
Si deduce, quindi, che l’insufficienza venosa può essere il sintomo dello squilibrio funzionale di uno qualsiasi degli organi vitali o dello squilibrio associato di più di uno di essi e questo rende ragione della diversità dei rimedi che possono essere indicati in terapia Omeopatica, da caso a caso, pur alla presenza di un’apparentemente identica sindrome periferica.
La localizzazione della lesione, regione di primitiva comparsa del gavocciolo varicoso e di comparsa dell’ulcera, attraverso l’anatomia e la fisiopatologia Agopunturale, chiarisce il rapporto eziologico fra la localizzazione periferica e l’organo interno all’origine di essa.
L’Omeopatia Classica Hahnemanniana impone la somministrazione di un unico rimedio alla volta (Unicismo), del quale si devono attendere e verificare gli effetti, prima di procedere alla sua ripetizione o alla somministrazione di un nuovo rimedio che si adatti alla mutata sintomatologia del Paziente in terapia.
Questo è indubbiamente il metodo più ricco di soddisfazioni per la sua eccezionale efficacia e rapidità ma anche, senza dubbio, il più difficile da mettere in pratica per la difficoltà della scelta del rimedio unico e della sua adatta diluizione (o potenza); scelta che presuppone da parte del Terapeuta un livello eccezionale di preparazione e d’esperienza.
Solo una ristrettissima élite d’Omeopati nel mondo è in grado di praticare abitualmente l’Omeopatia Unicista pura.
La prescrizione del rimedio unico è resa modernamente ancora più difficoltosa a causa del sovrapporsi, sempre più massicciamente, della tenace sintomatologia da farmaci Allopatici, sempre più potenti e sempre più profondi sia nel loro meccanismo terapeutico che, purtroppo, nei loro effetti tossici e soppressivi acuti e cronici.
L’abitudine, inoltre, sempre più corrente della “pillola per il sintomo” che tratta la forma morbosa attuale, senza cercare le radici eziologiche reali, purché nella maniera più rapida possibile, (antalgici, analgesici, lassativi) è in ulteriore ostacolo all’Unicismo Omeopatico se non esercitato a livelli eccelsi.
Il Complessismo (unione di più rimedi, similari nell’azione o complementari, nella stessa soluzione e somministrati contemporaneamente) cerca di ovviare alle difficoltà prescrittile dell’Unicismo e pur ottenendo risultati eclatanti e duraturi non riesce ad eguagliarne la rapidità e profondità d’azione.
I complessi omeopatici sono preparati riunendo rimedi simili per il loro tropismo organico o tissutale o a patogenesia sperimentale simile o complementare.
Per citarne alcuni:
a) Rimedi a tropismo epatico:
Ignatia amara, Nux vomica, Chelidonium majus, Taraxacum, Lycopodium clavatum, Carduus marianus, Phosphorus, Mercurius solubilis, Sepia officinalis,
b) Rimedi a tropismo venoso:
Hamamelis, Vipera, Calcarea fluorica, Lachesis, Carbo animalis, Carbo vegetabilis, Kali bichromicum, Crotalus horridus, Pulsatilla.
Questo modo di confezione e le basse diluizioni dei componenti hanno il vantaggio di permetterne l’uso anche ai Praticanti meno esperti sulla base di un’indicazione più vasta e meno specializzata spesso con un modo di scelta nosologico addirittura Allopatico (per nome di sindrome o di malattia).
Gli indubbi risultati, la rapidità di scelta anche per i Praticanti meno esperti e l’assoluta mancanza, in ogni caso, di effetti tossici ne giustificano l’impiego.
Il cosiddetto “Drenaggio” (AA. Francesi e Tedeschi) è effettuato facendo uso principalmente di questi complessi di rimedi Omeopatici.
Il tentativo di potenziare ancora più la rapidità dei rimedi ha condotto alla produzione del formato iniettabile ed all’uso di complessi iniettabili adottando la tecnica mesoterapica.
La Mesoterapia (Dottor Michael Pistor, 1951) è una tecnica che prevede la polimicroinoculazione intradermica di farmaci.
Nella preparazione della soluzione è prevista e raccomandata (Pistor) una notevolissima diluizione del farmaco o del cocktail da impiegare.
E’ evidente la facilità concettuale con cui dalla diluizione spinta di farmaci Allopatici si è potuti passare all’uso di rimedi e cocktails di rimedi molto deconcentrati come quelli Omeopatici.
La massima specializzazione di questo sistema iniettivo è, senza dubbio attualmente, la Biomesoterapia frutto fecondo dello studio e della ricerca di Medici Italiani (Centro Medico Omeopatico Rimini, 1982).
Rimandando ad una documentazione specifica sulla Disciplina Biomesoterapica trascriviamo solo la definizione accettata dall’Accademia Italiana di Biomesoterapia:
“La Biomesoterapia è una eccezionale metodica che integra in sé ed esalta numerosi sistemi diagnostico-terapeutici: Omeopatia, Agopuntura, Mesoterapia, Riflessologia, Omotossicologia, Podologia, Auricoloterapia, Neuralterapia, Oligoterapia.
Essa risponde in pratica in maniera totalmente esauriente ai quesiti:
- quale sostanza/ e usare
- perché usarla/e
- quando usarla/e
- dove e perché iniettarla/ e con impianto mesoterapico” (cfr. Accademia Italiana di Biomesoterapia; Corsi d’insegnamento di base e di perfezionamento in Biomesoterapia tenutisi in Rimini (Italia) con la collaborazione didattica del Centro Medico Omeopatico di Rimini nel 1986).
Citiamo, a proposito dell’uso degli Omeopatici in Mesoterapia, il fatto che proprio l’estrema sensibilità dei rimedi Omeopatici alle condizioni ambientali in cui si trovano a soggiornare ha condotto all’ideazione ed alla fabbricazione di multiniettori mesoterapici monouso (i multiniettori sterili, monouso vengono prodotti, in esclusiva mondiale, da una ditta Italiana citata in Bibliografia) in sostituzione dei multiniettori metallici decisamente inadeguati, anzi addirittura nocivi, dal punto di vista igienico e antitetici, a facile ragionare, dal punto di vista deontologico.
Questa carrellata forzatamente incompleta dovrebbe avere reso ragione dell’impossibilità di fornire, in chiusura, degli schemi di trattamento standardizzati anche se gli Autori che fanno uso di complessi in Terapia (principalmente Francesi e Tedeschi) forniscono delle casistiche decisamente entusiasmanti in rapporto a protocolli collaudati ai quali rimandiamo.
Non si può non concludere con due citazioni cardinali:
“Non esiste una malattia ma un individuo malato.” (S. F. C. Hahnemann).
“Le malattie dovrebbero prendere il loro nome dal rimedio in grado di guarirle.” (Paracelso)


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* BIBLIOGRAFIA *

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- Omeopatia, Organon dell’arte di guarire, Ed. Edium Milano, 1975.
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- Prontuario di Omotossicologia Heel, Ediz. Italiana Distribuita da GUNA s.r.l., Via Staro, 10, Milano.

Archivio Documentario 1984/1986- R.A.M. s.a.s e RIMOS® s.r.l., Mirandola, MO, ITALIA, Piastre sterili, monouso per Mesoterapia e Biomesoterapia
Centro Medico Omeopatico Rimini
Dr. P. Mosconi, Dr. P. C. Ricciotti, Dr. M. Aluigi (Consulente)
- Resoconto audiovisivo delle Lezioni di Biomesoterapia, Rimini, 1986.

Rivista di Omotossicologia, Ed. GUNA s.r.l., Milano, 1986/1987.
- Biomesoterapia.

 

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